Prima della scuola tutta l’energia è destinata allo sviluppo fisico. La pedagogia deve tenerne conto.
Quando un bambino nasce l’unica cosa che sa fare è respirare.
Un neonato non riesce a mantenere la temperatura del corpo, non sa fare altro se non digerire il latte materno. Non cammina, non parla, non sa contare o leggere, e non è in grado di fare quello che più contraddistingue il genere umano: non sa pensare! Eppure, è come se ogni neonato possedesse un’aura. Quasi automaticamente ci muoviamo con più prudenza quando siamo accanto a lui, abbassiamo la voce e i pensieri si fanno meno angosciosi.
Sette anni dopo: il bambino sa camminare sui trampoli, saltare la corda, nuotare nell’acqua fredda di un lago per poi riscaldarsi subito una volta uscito dall’acqua. Mangia di tutto, parla senza problemi, realizza senza sforzi associazioni di idee, riconosce le lettere e sa contare fino a 20 (spesso anche di più). Non abbiamo più la sensazione di doverci muovere in punta di piedi nella sua stanza, o di abbassare la voce.
Pensando a lui si alternano pensieri gioiosi e preoccupazioni, e non è più necessaria un’attenzione particolare. Nel corso degli anni sembra che qualcosa, dalla periferia, si incarni nel corpo. Si può parlare al bambino in modo più diretto e la comunicazione migliora. A conclusione del periodo dell’asilo la personalità si è incarnata in modo stabile nel corpo.
Il bambino apprende con i sensi.
Sono due i grandi temi del primo settennio. Il primo è l’esperienza del mondo attraverso i sensi.
Il bambino impara a conoscere il mondo solo attraverso la percezione sensoriale. A nessuno verrebbe in mente di spiegare a un neonato con le parole cosa è liscio e cosa è ruvido. Lo sperimenterà in modo immediato e irriflesso toccando e portandosi gli oggetti alla bocca. Per conoscere il mondo e il proprio corpo è essenziale che il bambino sperimenti con i sensi nel modo più vario e naturale possibile.
Toccare, vedere, annusare, gustare, sentire: tutte queste esperienze devono essere varie, immediate e prive di una elaborazione intellettuale. Tuttavia, le esperienze sensoriali devono essere ponderate con consapevolezza. Se i colori dell’ambiente del bambino non sono troppo vivaci e la tappezzeria non troppo colorata, l’occhio può soffermarsi con tranquillità sugli oggetti che lo circondano. Se il cibo non è troppo esotico, allora il gusto della singola pietanza può essere percepito con molta più chiarezza. E se il legno, la lana, una pigna, la sabbia e le pietre sono i materiali principali del gioco, allora il tatto viene stimolato in modo molto più vario rispetto a quando la plastica e il metallo, lisci e freddi, sono predominanti nell’ambiente.
Lo stesso vale per gli odori e i suoni: profumi, la radio, la televisione disturbano la percezione serena dell’ambiente. Ai cinque sensi che tutti conosciamo se ne aggiungono, nei primi anni di vita, altri tre con i loro ambiti di esperienza. Il primo è il senso della vita, attraverso cui percepiamo la fame e la sete, il benessere e il malessere. È quindi necessario un ambiente in cui il bambino possa dare voce ai propri bisogni e l’adulto li possa accogliere con amore. Il secondo riguarda la percezione del proprio corpo, il senso del proprio movimento. Cadere, alzarsi, urtare, tutto ciò è importante per conoscere i limiti del proprio corpo. Chi lascia che i bambini lo sperimentino, fa loro solo un favore.
Il terzo senso è, infine, quello dell’equilibrio. I bambini si esercitano costantemente ad arrampicarsi e a bilanciarsi: concediamo loro queste esperienze il più possibile! La sicurezza di sé nel proprio corpo è il risultato che avremo.
Forno a microonde e congelatore sono controproducenti.
L’altro grande tema riguarda lo sviluppo dei processi vitali nel corpo. Respirazione, riscaldamento, alimentazione, escrezione, conservazione, crescita e compimento – tutti questi processi non sono ancora autonomi nel neonato e si formano gradualmente. Affinché il corpo diventi sempre più forte e indipendente dall’ambiente che si prende cura di lui questi processi vitali hanno bisogno, nei primi anni di vita, di uno spazio protetto.
Nella pratica ciò significa che le funzioni vitali non devono essere indebolite. Il bambino ha bisogno
di affidabilità e ritmo. Deve essere protetto da traumi, e ciò ha un effetto positivo sulla respirazione. Ha bisogno di vestiti caldi (soprattutto copricapi) che aiutino la circolazione che ancora non è perfetta. Un bambino ha bisogno di modelli che si riscaldino nel corpo con il lavoro e il movimento e si accendano nell’anima per qualcosa. Deve essere introdotto con garbo alle diverse cibarie e ha bisogno di pasti regolari affinché nutrizione e escrezione si alternino in un ritmo regolare. I bambini non fanno niente più volentieri che aiutare a cucinare, a fare il pane, etc.
Il microonde o il congelatore non è roba per loro. Non solo per la pessima qualità del cibo, ma anche perché manca l’attività preparatoria, che contribuisce a attivare la digestione.
Pensare sottrae energia vitale.
Lo sanno tutti: quando siamo malati non abbiamo la forza per ricordare le cose con la stessa precisione di sempre, o per sviluppare pensieri complessi, ma dipendiamo dal nostro corpo. I bambini vivono proprio questa situazione. Le loro funzioni vitali li assorbono completamente.
In questo si rende evidente la rilevanza della pedagogia. Lasciamo i bambini tranquilli nella loro acquisizione autonoma dei processi vitali, oppure dirigiamo le loro forze su attività intellettuali?
Una delle basi fondanti della visione antroposofica dell’essere umano riguarda l’idea che le forze attive nel nostro corpo sono le stesse con cui noi immaginiamo o ricordiamo qualcosa, con cui pensiamo, solo con un effetto diverso. E nella misura in cui vengono impegnate già nell’età prescolare, queste forze vengono sottratte allo sviluppo dell’organismo nelle sue funzioni: respirazione, circolazione, alimentazione. Di conseguenza i bambini diventano freddi, pallidi, privi di iniziativa. La possibilità che i processi vitali si incarnino in modo sano nel corpo del bambino dipende non solo dal ritmo della giornata, dai maglioni di lana e dal cibo biologico, ma anche, e in modo decisivo, dall’evitare qualsiasi tipo di sforzo intellettuale.
Come agiscono i modelli sull’organismo dei bambini.
In che modo impara quindi il bambino nei suoi primi sette anni di vita se non tramite delle spiegazioni Quasi esclusivamente attraverso il modello e l’imitazione. Più il bambino è piccolo, più questo è evidente. Il bambino imita semplicemente. Si può quindi capire quale enorme responsabilità sia intrinseca nei nostri gesti e nel nostro rapporto con il linguaggio. Ma non è solo quello che si percepisce esteriormente a influenzare lo sviluppo dell’organismo del bambino: anche le modalità dei processi, la condotta di vita quotidiana hanno un peso importante. Il nostro modo di strutturare il ritmo della giornata influenza la respirazione e il battito del cuore. Il nostro modo di scaldarci per qualcosa, in senso esteriore e interiore, influenza l’accendersi dell’organismo del bambino. E il modo con cui svolgiamo un’attività o ci confrontiamo con un argomento ha un effetto sulla digestione del bambino.
Tutti questi aspetti rappresentano il contesto della vita quotidiana nelle scuole Waldorf. Accanto alla scelta accurata dei colori, delle forme, della conformazione dell’ambiente e dei materiali di gioco, ciò che la caratterizza è la struttura ritmica della giornata. Non si pone quindi attenzione solo alla cura dei sensi, ma anche alla qualità dei processi e delle attività. Come avviene per le fasi della respirazione nell’asilo si alternano fasi di gioco libero a fasi di raccoglimento con giochi delle dita, filastrocche, storie e pasti comunitari. Nello spazio esterno vengono presentate delle attività che agiscono in modo sano sul corpo del bambino perché vengono imitate.
Cucinare, svolgere attività manuali e domestiche (riscaldamento), pulire, riparare e prendersi cura degli ambienti (rigenerazione), tutto questo viene vissuto di fronte ai bambini e con i bambini – e tutto nel modo più ritmico possibile (respirazione). Il lavoro all’aperto rafforza, attraverso l’imitazione, i processi vitali del loro organismo.
Il cuore della pedagogia steineriana nell’età prescolare.
L’obietto della pedagogia steineriana nel primo settennio di vita è che i bambini si approprino del proprio corpo e delle sue funzioni vitali come fondamento fisico del successivo sviluppo della mente e dell’anima. E questo perché l’educazione steineriana non ha l’obiettivo di formare dei cittadini fedeli alle norme, o dei vincenti nel mondo capitalistico, ma di crescere individui liberi.
Vivere nella libertà e nella responsabilità individuale – quindi in modo indipendente dalle aspettative –può farlo solo chi nella prima infanzia ha avuto la possibilità di costruire in modo sano la propria corporeità. Il pericolo che altrimenti si corre è quello di diventare i burattini di necessità o aspettative superficiali.
Chi invece ha avuto la possibilità di sviluppare una coscienza sana del corpo prima dell’età scolastica ha tutti i presupposti per realizzare se stesso e non diventare qualcosa di astratto e pilotato dall’esterno.
Sull’autore: Philipp Gelitz è maestro nell’asilo Waldorf della Bildunghaus Freie Waldorfschule della città di Kassel. Articolo pubblicato sul n° 12/2013 della Rivista Erziehungskunst.